
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, dopo aver perfezionato gli studi biblici a Roma, alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico, ha insegnato nella Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e nei seminari della sua diocesi. Nel 1989 è stato nominato prefetto della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale nel 2007 ed è stato creato Cardinale nel Concistoro del 20 novembre 2010. Membro di numerose organizzazioni, è stato fecondo autore di saggistica religiosa.
Ho potuto avere con Colombo solo qualche scambio di opinioni quando veniva a Milano (ero allora prefetto della Biblioteca ambrosiana): era venuto da me diverse volte, ed eravamo rimasti in dialogo costante proprio attorno alla politica culturale che la Cattolica avrebbe dovuto perseguire nell’intrecciare, da una parte, la dimensione strettamente religiosa, spirituale ed educativa, dall’altra, un impegno culturale rilevante non soltanto per la società italiana, ma anche per il dialogo interculturale e internazionale. (…) la Basilicata è una terra di tradizioni squisitamente religiose. Nelle giornate in cui ero lì per la consegna dei premi, ricordo, ci spostavamo nelle diverse città per gli eventi programmati e, in ciascuna di esse, si teneva sempre una celebrazione, di solito presieduta da me o dal vescovo locale.
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Da ultimo vorrei parlare di un altro aspetto particolare, della sua fede, anche se qui entriamo in una dimensione più intima: egli mi raccontava che l’imprinting, una sorta di sigillo e di suggello, che gli era stato dato dalla sua famiglia, dalla sua comunità, fosse come una sorta di brace sempre accesa, una fiaccola che lo illuminava – diceva – anche nei suoi errori, perché rappresentava il grande codice di riferimento che gli permetteva, tra l’altro, la «laicità della politica». Questo era possibile proprio perché il suo era un cristianesimo dalle radici profonde, non codino o clericale.
(…) direi che la sua grande matrice sia stata quella cattolico-democratica della tradizione italiana degli anni Cinquanta; i suoi riferimenti sono stati soprattutto Alcide De Gasperi e, dal punto di vista teorico, l’umanesimo integrale di Maritain, dai quali ha appreso la concezione di una distinzione netta tra fede e politica, ma non della loro separatezza. Per queste ragioni, la definizione ultima che possiamo dare di lui è quella di un cattolico che operava in politica e che nella politica ritrovava le componenti fondamentali di un’etica cattolica (che è un’etica «naturale») che, come tale, non aveva un’impronta solo di tipo confessionale. Sotto questa luce, dunque, si vede come la sua lezione possa essere ancora valida ai nostri giorni, in cui assistiamo da un lato al fondamentalismo religioso e dall’altro a una sorta di agnosticismo totale, etico, a un’apatia sì religiosa, ma anche morale in ambito politico.