
Sacerdote, saggista e giornalista. È stato cancelliere e archivista della curia, nonché direttore dell’Archivio storico diocesano. Fu collaboratore di mons. Bertazzoni, vescovo di Potenza, ed è stato promotore di giustizia nel tribunale diocesano in occasione della sua causa di canonizzazione.
Ha pubblicato numerosi libri di storia della Basilicata e biografie di monsignor Bertazzoni.
Il ricordo più antico che ho del presidente Colombo risale alla mia fanciullezza. Ne sentivo parlare allora dal gruppo dei ragazzi dell’Azione cattolica della cattedrale di Potenza, accanto alla quale abitava monsignor Augusto Bertazzoni, il vescovo dell’epoca. Si sentiva parlare allora di Emilio Colombo perché era presidente della Giac diocesana.
I primi incontri personali sono avvenuti negli anni Quaranta, durante la guerra, quando, da segretario generale della Gioventù di Azione cattolica, era spesso a Roma con Carlo Carretto, il presidente, poi diventato «fratello di Gesù», morto in concetto di santità.
Era il ’46 quando Colombo cominciò a girare per tenere i comizi per la Costituente, cosa che lo portava frequentemente a Potenza e che mi consentiva di incontrarlo personalmente sia negli incontri che aveva col vescovo, sia in via Pretoria o nei comizi. Quello che ricordo molto più intensamente di quel periodo fu che, lasciata l’Azione cattolica giovanile, si candidò per la Democrazia cristiana alla Costituente, divenendo il più giovane, almeno per quello che ricordo, costituente della Repubblica.
(…)
Qualcuno aveva detto che fosse stato monsignor Bertazzoni a volerlo candidare: in realtà Bertazzoni era un educatore dei giovani insieme a monsignor Vincenzo D’Elia, parroco di Colombo nella chiesa della Trinità. Questi era un educatore dell’Azione cattolica e un pastore attento alla vita spirituale e, soprattutto, al servizio sociale e politico, proprio nel momento in cui l’Italia, dopo il 1946, aveva bisogno di uomini capaci di entrare nell’agone politico per portarvi il fermento cristiano. (…) C’è da dire che la sua candidatura fu apprezzata e seguita, ma monsignor Bertazzoni, per quanto l’avesse gradita, non gli chiese mai personalmente di impegnarsi in politica: era stato lo spirito che egli aveva messo nel cuore di questi giovani a suggerire agli stessi di darsi da fare.