
Figlio del Presidente della Repubblica Antonio Segni e politico italiano. Docente universitario e più volte eletto alla Camera dei Deputati, prima per la Democrazia cristiana e poi per altri raggruppamenti politici. Nel giugno 1994 fu eletto deputato europeo.
È difficile dire quale sia il ricordo più antico che io abbia di Emilio Colombo, perché per noi è stato uno di famiglia. Credo che mio padre e mia madre lo considerassero come un figlio; anzi credo che mia madre una volta glielo disse e che lui rispose: «Veramente sarei troppo grande per essere suo figlio». Insomma, il rapporto era tale che me lo ricordo da sempre. Certo i miei ricordi più intensi sono posteriori, ma questo semplicemente perché ero più grande. So, invece, da quello che mi ha raccontato mio padre (ma soprattutto da quello che mi ha raccontato Colombo), che gli anni più emozionanti, credo più intensi del rapporto tra mio padre e Colombo, furono quelli della riforma agraria. (…) Tra mio padre ed Emilio Colombo c’era un rapporto del tutto speciale, che nacque e si cementò in quei primissimi anni, si conservò intatto nel tempo fino a che mio padre si ammalò. E proseguì anche dopo. (…) Camminavano parallelamente non solo perché appartenevano allo stesso partito (o perché vi era un rapporto di amicizia strettissimo), ma soprattutto perché avevano in comune una solida base programmatica e di ideali. Una delle idee che condividevano era quella di «Europa». Mio padre faceva parte della generazione di statisti europei che aveva assistito a due guerre, e che quindi considerava l’Europa soprattutto come uno strumento per mettere fine alla carneficina che aveva insanguinato il nostro continente per mezzo secolo. Colombo guardava già al futuro; per lui l’Europa non era legata solo alla chiusura del dramma della guerra, ma sarebbe dovuta diventare il perno su cui costruire nuovi nessi economici, politici e sociali.
(…)
Mio padre si ammalò nell’estate del 1964; ebbe una trombosi molto forte, a seguito della quale rimase paralizzato e privo della parola. Si dimise dopo qualche mese, quando fu chiaro che non c’era possibilità di ripresa (…): l’affetto, la sollecitudine di Colombo verso mio padre, mia madre e verso tutti noi furono una cosa straordinaria. Per questo parliamo di lui come di un pezzo della nostra famiglia. Per un lungo tempo non ci fu giorno in cui non venne a trovare mio padre, non ci fu ricorrenza in cui non fosse presente, in cui non telefonasse. Insomma, una cosa straordinaria. Continuò ininterrottamente in quegli anni e, queste, sono cose che non si dimenticano.